Su questa pagine
abbiamo già affrontato il tema della mafia
nigeriana ponendo, all’attenzione del lettore, alcune questioni di
carattere sociologico e criminologico al fine di avvicinarsi a questo
fenomeno criminale di respiro
internazionale che interessa che il nostro Paese ed ha le sue radici profonde
in Nigeria. Per farlo abbiamo preso spunto dalla forte e datata presenza di
organizzazioni criminali riconducibili alla mafia nigeriana proprio nella città
di Palermo, anzi nel suo cuore, il quartiere Ballarò, sancta sanctorum della mafia in senso persino astratto. Rimandando
a quelle riflessioni per l’approfondimento degli specifici dettagli, oggi ci
spostiamo in Campania, e precisamente a Castel Volturno (CE), in un’altra area
pervasa da fenomeni criminali di tipo mafioso a carattere camorristico.
Tuttavia, come
l’esperienza storica imporrebbe, non è di Camorra che parleremo, ma appunto di
mafia nigeriana che qui agisce in totale autonomia essendosi guadagnata, negli
anni, un ampio spazio territoriale sottratto, a seguito di una guerra tra
criminali, proprio alla camorra casertana. Il 5 aprile, le forze di polizia
hanno concluso un’operazione investigativa che ha consentito l’arresto di una
decina di cittadini extracomunitari appartenenti alla mafia nigeriana, di etnia:
nigeriana, ghanese e liberiana, poiché ritenuti appartenere ad
un’organizzazione criminale transnazionale di tipo mafioso, operante in
Campania ed altre regioni del territorio nazionale, dedita al traffico di droga, alla tratta degli esseri umani finalizzata
allo sfruttamento della prostituzione,
nonché altri reati contro la persona ed il patrimonio.
La storia della mafia nigeriana è interessante sotto
molteplici aspetti poiché, nel riproporre le matrici tipiche di ogni forma di
criminalità di tipo mafioso, ci consegna alcune dinamiche peculiari del suo
sviluppo. Sono comuni alle altre mafie: il vincolo
associativo, la forza
d’intimidazione e l’omertà che
esse determinano nelle vittime, ma è anche comune ad altre organizzazioni
criminali, l’essersi affrancate da una prima impronta sovversiva/insurrezionale
per dedicarsi, con il passare del tempo, esclusivamente alle redditizie
attività criminali.
Storicamente, infatti, la
mafia nigeriana ha la sua genesi nei movimenti di lotta
universitari i secret cults nati contro l’oppressione coloniale ed i regimi
fantoccio locali a supporto. L’evoluzione dei secret cults in mafia
nigeriana è materia da criminologi più che da sociologi, ma la la comprensione
di quest’involuzione verso mere forme criminali è connessa alla conoscenza dei
fatti storici dell’intero continente africano propria di altre discipline.
Per tornare ai recenti
fatti di Castel Volturno, in questa sede, mi limito a segnalare alcune
particolarità emerse dall’attività investigativa desunte dalle fonti aperte
accessibili a chiunque. Il particolare che più di altri ha colpito la mia
attenzione riguarda il rituale di affiliazione a quest’organizzazione di mafia
nigeriana che lega i componenti all’organizzazione da un lato e vincola le
vittime dall’altro.
I neofiti,
scimmiottando la ritualità e i rituali
mafiosi a noi già ampiamente noti, vengono indotti a bere un miscuglio di
sangue di pecora, sgozzata per l’occasione, misto ai resti combusti della
propria foto e di una raffigurante il simbolo dell’organizzazione, in questo
caso specifico l’ascia nera dei Black Axe,
una delle organizzazioni di mafia nigeriana più note a livello internazionale. Ovviamente
non manca nemmeno la formula di rito da pronunciare per sancire la definitiva
appartenenza al gruppo: “ …io qui comincio;
ma senza una fine. Do il potere a me stesso e per usarlo solo per autodifesa, Ottagni,
Senseni, Sampani …". Ottagni, Senseni, Sampani
sono tre divinità della cultura Vudù, che si evocano per suggellare il
giuramento e che si evicano quali guardiani della parola data.
Mentre le giovani ragazze nigeriane più o meno
indotte al viaggio verso i paesi
europei per essere avviate alla prostituzione subiscono un ricatto
psicologico basato sulla minaccia di ritorsione verso i parenti che restano in
Nigeria, ed uno, che a noi occidentali può sembrare naïve ma che al contrario sulle ragazze esercita una forte
pressione, legato ai famosi riti JU-JU,
e non Vudù, come spesso superficialmente
riportato, che ne condiziona psicologicamente il libero arbitrio influenzandone
concretamente l’azione.
Questa criminalità
agisce in forza del metodo mafioso che tuttavia ancora non è pienamente entrato a
far parte della giurisprudenza in tema di mafie etniche sebbene il legislatore
sin dall’anno 2008 abbia introdotto nell’ultimo comma dell’art. ex 416/bis del codice penale la locuzione … altre associazioni comunque localmente
denominate...
Proprio il
provvedimento cautelare che ha portato in carcere gli appartenenti al sodalizio mafioso nigeriano in
argomento ha cura di sostenere la propria accusa di mafiosità mettendo in
evidenza la forza d’intimidazione che deriva dal vincolo associativo e genera
quel sentimento di succubanza psicologica noto come omertà. Il giudice nel
delineare questi aspetti si richiama, su indicazione del pubblico ministero, ad
un mio saggio sul tema uscito per Rassegna italiana di criminologia relativo alla necessità di
applicare per tempo la normativa antimafia anche alle organizzazioni criminali straniere che vanno sempre più chiaramente
prendendo piede nel nostro Paese, e la mafia
nigeriana è solo uno egli esempi a cui ricorrere, per contrastare
sull’insorgere questi fenomeni prima ch’essi raggiungano un grado tale di resilienza
criminale da renderne difficile, e quindi costoso in termini anche
economici, l’effettivo contrasto.
Cosa ne pensate? La mafia è questione italiana come gli spaghetti e il mandolino?
Cosa ne pensate? La mafia è questione italiana come gli spaghetti e il mandolino?